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Mio padre Hermann Buhl

E due! Un altro libro che segnalo pur non avendolo letto. Una volta ancora, a colpirmi è una recensione di Andrea Casalegno pubblicata sul "domenicale" del Sole 24 Ore, 15 marzo 2009.

Hermann Buhl nasce in Austria nel 1924 e muore giovane, a 32 anni, sul Chogolisa, pare per il cedimento di una cornice di neve (era con un giovanissimo Kurt Diemberger). Era già passato alla storia per avere raggiunto per primo la cima del Nanga Parbat, in solitaria e senza ossigeno, creando di fatto
in maniera avveniristica quello che successivamente sarebbe stato chiamato "stile alpino" in Himalaya. Il più grande alpinista di tutti i tempi, Reinhold Messner, per dire, è un ammiratore conclamato di Buhl, che considera quasi come padre spirituale. Orbene, la figlia, Kriemhild, scrive un libro sul padre.

«Sono tra le mie montagne, nella casa della mia infanzia, alla quale è stato dato il nome di mio padre, ma che lui non ha mai visto. Sono già cinquant'anni che è morto e giace sotto la neve eterna delle sue montagne. Io non l'ho mai conosciuto veramente, lui, l'eroe dell'alpinismo negli anni '50. Nel soggiorno ad un paio di passi da me dorme mia madre. Ha sopportato così tanti inverni, tanti senza aiuto, sola con le sue tre bambine sotto le ali. E adesso che è anziana e ha bisogno di me riconosco la sua grandezza. È lei il vero eroe della nostra famiglia».

Andrea Casalegno, rimasto orfano per mano delle brigate rosse, non trova concepibile si possa restare orfani per una passione, l'alpinismo, portata ad un estremo che ritiene inacettabile. Difatti scrive: "Hermann Buhl, il grande alpinista, le ha tradite, ha sacrificato a un sogno di grandezza le loro vite. Kriemhild questo non lo dice, benché abbia scritto che 
«quando gli eroi mettono al mondo dei figli occorre fare i conti con il peggio». Ma lo dico io.
La retorica della conquista e della sfida al limite suole chiamare 
«eroi»
i fuoriclasse morti in montagna. Si tratta invece di personalità forti ma spietatamente egocentriche, che voltano abitualmente le spalle alle responsabilità familiari".

Una posizione dura, decisa, ribadita per tutto l'articolo, in cui l'alpinismo estremo viene definito stupido, assurdo, egoistico. Considerazioni che si possono condividere o meno, ma sulle quali occorrerebbe comunque fermarsi, per riflettere.
(aprile 2009)
Recensione di:
Buhl, K., Mio padre Hermann Buhl (2007). Tr. it. Cda&Vivalda, 2009.