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Un grande tra i giganti della Terra
Jerzy Kukuczka è da molti considerato un mito.
Siamo andati a vedere il mito da vicino.
Jerzy Kukuczka nasce in Polonia nel 1948.
Reinhold Messner nasce in Alto Adige nel 1944.
L'accostamento
non è gratuito: mentre il secondo vive di vita propria, il primo è
sempre citato in opposizione al suo avversario.
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La
loro infatti è stata una vera e propria competizione per essere
il primo a scalare tutte le montagne della terra alte più di
8000 metri. Traguardo tagliato da Messner nell'ottobre del 1986 e da
Kukuczka appena undici mesi dopo. Ma...
Ma Messner li scala in 16 lunghi anni, mentre Kukuczka lo fa nella
metà del tempo, per vie nuove e difficili, alcune volte
addirittura d'inverno. Per questo è considerato un mito. Non
solo: Kukuczka impersonifica la redenzione degli ultimi. In opposizione
all'alpinismo sponsorizzato e comodo degli occidentali, l'alpinismo
povero e faticoso dei polacchi: dure spedizioni in Himalaya e duri
weekend sulle ciminiere in Polonia (da alpinisti, si offrivano a prezzi
concorrenziali per la pulizia, racimolando soldi per finanziare i
viaggi). Per questo gruppo di polacchi, di cui Kukuczka è il
grande nome, la bellezza delle montagne è il riscatto dalla
bruttezza del socialismo reale.

Francobollo dedicato a Kukuczka
Kukuczka era poco
mediatico, un bisonte d'alta quota, sovrappeso e potente. Scarni i suoi
resoconti, formidabili le sue imprese. Per alcuni scalare un ottomila
è il sogno di una vita, Jurek (com'era chiamato) li scala uno
dietro l'altro, senza tregua. Appena undici mesi tra Messner e
Kukuczka, ben otto anni perché nella ristrettissima élite
entri un altro alpinista, lo svizzero Erhard Loretan, terzo uomo a
scalare tutti e quattordici gli ottomila. Ma...
Ma Kukuczka e Loretan sono morti in montagna (all'età di 41 e 52
anni rispettivamente) mentre Messner è vivo. Non è poco.
Anzi: è tutto. Immaginiamo che Tizio si metta in viaggio
sull'autostrada da Roma a Trieste, in una giornata dal meteo incerto,
correndo troppo, non rispettando il codice della strada, sul sedile una
cassa di Red Bull per vincere la stanchezza, così riuscendo a
sfrecciare sotto il Castello di Miramare appena 4 ore dopo la partenza.
Senza dubbio stigmatizzeremmo il comportamento di Tizio. Ma allora
perché quando "imprese" simili si verificano in alpinismo,
giù applausi e copertine, se non il Piolet d'Or? Una posizione
che non condivido, a maggior ragione dopo la lettura di questo libro:
Kukuczka rischiava troppo. Da tutti i punti di vista: sovraffollamento
di progetti ed ambizioni, estrema difficoltà tecnica ed
ambientale delle vie, impreparazione mentale ad accettare pienamente la
rinuncia. Più solido Messner, che inoltre aveva qualcosa di
unico, enorme come un quindicesimo ottimila: la visione. Ha cambiato
tutto. Scrivendo il celebre articolo "L'assassinio dell'impossibile" ha
avviato un dibattito ancora vivo su avventura, motivazioni,
libertà. Ha scalato tutto quello che c'era da scalare nelle
Dolomiti, nelle Alpi, in Himalaya. Ha creduto nello stile alpino,
divenendo esempio per generazioni. Ha scritto e parlato di montagna.
Per primo è salito sulla cima dell'Everest senza ossigeno (1978)
e per primo in solitaria (1980). E, come Walter Bonatti, un giorno ha
lasciato l'alpinismo di punta senza smettere di esplorare il mondo. Non
è stato il solo, non è stato da solo. Ma...
 
Jerzy Kukuczka
Ma se siamo tutti nani sulle spalle di giganti, allora Messner è
stato un gigante. Scrivo così tanto di Messner perché
Kukuckza scrive così tanto di Messner. Lo cita numerose volte
nel libro, sia per riferire di incontri casuali in Himalaya, sia
perché avverte il peso della competizione. Non sono mai
citazioni neutre. (A conferma: in quarta di copertina l'editore ha
deciso di mettere, guarda tu, proprio una frase di Messner). Nel libro
c'è però tanto altro; sopra ogni cosa, il continuo,
incessante, straripante amore di Jurek per quelle montagne: Makalu,
Annapurna, Dhaulagiri, Shisha Pangma... un rosario di nomi
continuamente sgranato. Ossessivamente sgranato, mi viene da dire.
E la famiglia? La grande domanda di noi amatori: come si fa a
conciliare una passione simile con la famiglia? Non si concilia. In
alcun modo. La moglie ed i due figli restano senza Jurek molto spesso e
molto a lungo. (Né scommetterei un euro sulla sua presenza
mentale, nei periodi di presenza fisica). E le spedizioni? Com'è
la vita durante una spedizione? Brrr... continui contrattempi
burocratici, lunghi spostamenti, malesseri e malanni, interminabili
attese in tenda del tempo bello, litigi continui tra i membri della
spedizione, non di rado un funerale sommario. Come il suo, a
seguito di un futuristico tentativo sulla parete sud del Lhotse. Ti sia
lieve il ghiaccio, Jerzy Kukuczka.

La parete sud del Lhotse
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(gennaio 2013) |
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Recensione di:
Kukuczka, J., Un grande tra i giganti della Terra. Trad. it Alpine Studio, 2012.
(regalato; tempo di lettura, 6 ore/treno)
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