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EXTREME ALPINISM
Climbing light, fast & high

Ai miei maestri: Vi devo tutto.
La strategia è oltre le tecniche.
La tecnica è oltre gli strumenti.
Uno. Due. Diecimila.


Jon Krakauer è da tempo famosissimo tra gli appassionati per l'unico best e long seller tra i libri di montagna, "Aria sottile"; da poco è noto anche al grande pubblico per il film che Sean Penn ha tratto da un altro suo libro, "Into the wild".
Ma è un terzo libro ad essere il più bello, "Il silenzio del vento", una raccolta di racconti sulla sua prima vita, quella in cui faceva il carpentiere per vivere e l'alpinista per stare bene - prima di iniziare a scrivere, per vivere e per stare bene. Il primo dei dodici racconti è dedicato alla montagna più famosa d'Europa, l'Eiger, di cui Krakauer ripercorre vicende e vie, costellate di morti, fino al giorno in cui anch'egli si reca alla base della celebre parete nord: «[...] Mark ed io eravamo in Svizzera per scalare la Nordwand. Di otto anni più giovane di me, Mark sfoggia due orecchini al lobo sinistro e una capigliatura viola che farebbe l'orgoglio di un rocker punk. È anche un arrampicatore arrabbiato. Una delle differenze fra noi era che lui desiderava da morire scalare l'Eiger, mentre io desideravo da morire avere scalato l'Eiger». Ad oggi, resta per me la migliore definizione della linea di confine che corre tra chi si appresta a vivere un'esperienza stando dentro l'esperienza, e chi fuori. A proposito: Mark è Mark Twight.
Nato nel Parco Nazionale di Yosemite, Mark Twight scrive le sue pagine di alpinismo lontano dalle  assolate big-wall californiane: "Reality Bath", Canadian Rockies; "Via dei Cechi", Communism Peak, Asia centrale; "Diretta ceca" in 60 ore non-stop, Denali, Alaska; "Beyond Good and Evil", parete nord delle Aiguille des Pelerins, Monte Bianco. Pagine di alpinismo scritte al tempo stesso con i ramponi e le picche ma anche con l'inchiostro: suo è infatti uno dei cult della letteratura di montagna, "Kiss or kill. Confessions of a serial climber", letto ed amato, suo è uno dei manuali più affermati, "Extreme alpinism", oggetto di questa recensione. Circa 180 pagine senza il disegno di un nodo o lo schema di una manovra, per uno spessore complessivo in centimetri - numerose e bellissime foto comprese - di gran lunga inferiore rispetto ad analoghi manuali. Il libro è diviso in quattro parti per un totale di quattordici capitoli. La prima parte si compone di un solo capitolo: "Carattere e approccio mentale". Non è un caso sia l'inizio.
Un giovane che cercava la verità si recò da un Maestro Zen e gli chiese: "Come possiamo evitare il caldo e il freddo?".
In maniera metaforica la domanda del giovane era: "Come possiamo evitare piacere e dolore?". Infatti è così che lo Zen parla di piacere e dolore: "Caldo e freddo".
Il giovane dunque chiese: "Come possiamo evitare il caldo e il freddo?". Il Maestro rispose: "Avendo caldo e avendo freddo".

La presenza nella realtà è uno dei fondamenti dell'alpinismo di Mark Twight: «[...] durante la salita della parete nord dell'Eiger - sempre lei! NdR - Michael Gilbert e Scott Backes si trovarono completamente fradici a causa dei rivoli d'acqua che scendevano lungo la parete.  
«Raggiunta la cengia dove avevano intenzione di trascorrere la notte, scoprirono che anche i sacchi a pelo erano completamente bagnati. Alla domanda di Michael "E ora che facciamo?" Scott rispose "Soffriamo"». Nessuno è in grado di controllare perfettamente ogni situazione in montagna, e credere il contrario è un peccato di presunzione. Cercare di sentirsi a proprio agio rinunciando al controllo e muovendosi all'interno dell'incertezza, questa è la via. Due sono i padri spirituali a cui fa riferimento Twight attraverso continue citazioni: Bonatti e Messner, non a caso i primi due vincitori del Piolet d'Or alla carriera. Tra le varie, Twight riporta queste parole di Messner: «Cerco di pianificare in anticipo soltanto ciò che è indispensabile. Credo sia fondamentale essere indipendenti, il che significa che non voglio dipendere dal mio futuro». Non dipendere dal proprio futuro. Di nuovo la via: stare nel presente. Indicazioni pratiche per l'obiettivo: accettare la paura, trasformarla in azione; accettare il fallimento, sapersi ritirare; imparare ad agire intuitivamente basandosi sulle proprie percezioni - il ricordo e l'esperienza sono di fatto una forma di pregiudizio.
La seconda parte è dedicata all'allenamento, ed è quella che mi ha coinvolto di meno, com'era ovvio. Ho comunque tratto alcune nozioni utili - come l'importanza di utilizzare caffeina e vitamina C - ed un insegnamento, che sulla base delle mie esperienze sospettavo: per alimentarsi ed idratarsi correttamente in montagna, ci vuole disciplina. Meglio: autodisciplina. Se manca, prima o poi accadrà - per il freddo, per la stanchezza, per sottovalutazione - di fare una cazzata e pagarla cara. La terza parte fornisce molte notizie pratiche sull'equipaggiamento, preziose per alpinisti e per escursionisti. La quarta è dedicata alla tecnica, ed è il cuore del libro.
Tra un passo e l'altro
tra un respiro e l'altro
tra un inizio ed una fine,
penetra in quell'istante.

«L'alpinista saggio teme quello che c'è da temere, e non esita a tornare indietro quando è il caso di farlo. Accetta di buon grado paura e stress, e sa rinunciare al proprio io fino a raggiungere la consapevolezza che è il caos a regnare.
«Una volta fatta propria l'impotenza nei confronti dell'ambiente circostante, capisce l'importanza di sviluppare una dimensione spirituale e allo stesso tempo di alimentare il proprio legame con la montagna. Quando questo succede, quando l'alpinista si trasforma in puro movimento e infine in montagna stessa, ecco allora che comprende il vero senso di ciò che gli sta di fronte, il peso di ogni sua azione e il pericolo legato al mutamento della più piccola variabile».
«Mettendomi alla prova e preparandomi duramente ho sviluppato uno stile personale di meditazione attiva che mi ha permesso, su alcune vie, di raggiungere uno stato di empatia con la montagna così forte da avere la certezza che non avrei mai potuto commettere errori. In quei giorni potevo leggere nella mente del mio compagno e muovermi libero dai vincoli della forza di gravità; abbandonata ogni coscienza di me stesso, diventavo la montagna stessa. È stato in quei giorni che ho realizzato le imprese più importanti».
Il re dei camosci seppe improvvisamente che era quello il giorno.
Le bestie stanno nel presente come vino in bottiglia, pronto a uscire.
Le bestie sanno il tempo in tempo, quando serve saperlo.
Pensarci prima è rovina di uomini e non prepara alla prontezza.


"Alpinismo estremo" è pieno di insegnamenti pratici e tencici: cos'è un Abalakov e quando usare i ramponi sulla roccia, come allenare la forza resistente e come utilizzare le viti da ghiaccio, come rinforzare la gambe con lo squat e come attrezzare una sosta; Mark Twight, però, non è più un alpinista estremo. Oggi fa altro nella vita. Come i suoi padri spirituali, Bonatti e Messner, un giorno ha smesso. Twight è stato mentore e maestro di Steve House, attualmente uno dei più forti alpinisti del mondo. Intervistato in "Uomini & pareti 2", Edizioni Versante Sud, alla domanda «Cosa cerchi in montagna?» House ha risposto «Cosa cerco? Semplice: l'esperienza».
               (maggio 2010)
Recensione di:
Twight, M., Alpinismo estremo. Edizioni Versante Sud, 2009.
(regalato; tempo di lettura, non lo so, perché l'ho letto e riletto)

La prima epigrafe è di Mark Twight, al suo libro. La seconda è tratta da "Innamorarsi dell'amore", di Osho. La terza l'ho trovata in rete. La quarta è presa da "Il peso della farfalla", di Erri De Luca, che secondo me è il romanzo della vita dell'alpinista Franco Miotto.